Luang Prabang la città dei templi d’oro, antica capitale del Laos dal 1995 inserita dall’Unesco come patrimonio dell’Umanità, si poggia su una minuscola penisola e designata lungo quattro vie che si intersecano. Luang Prabang è davvero tanto distante dal chiasso della capitale con soli 70.000 abitanti.

Il Laos durante il tempo del Covid si è chiuso in se stesso, si è fermato e non ha avuto fretta, ha avuto meno di mille morti, un grande successo che ha pagato con una forte recessione dell’economia.

In questi giorni la Thailandia, il grande vicino, ha riaperto i confini con pochissime limitazioni, ma il Laotian Times in un breve articolo sulla riapertura dei confini, ci ricorda che per entrare nel paese serve ancora un tampone negativo nel 72 ore.

Oggi a Luang Prabang possiamo arrivare grazie alla linea ferroviaria che collega Vientiane a Pechino, costruita dai cinesi nel progetto della via della seta ed inaugurata pochi mesi fa. E’ la solita storia che impoverisce un paese quando a costruire le infrastrutture sono imprese cinesi, con operai di Pechino e con capitali in prestito ed interessi a tassi sfavorevoli. Noi suggeriamo arrivarci con una crociera da Vientiane sul fiume Mekong e di prendersi tutto il tempo necessario, per trovare ospitalità in un piccolo albergo di meno di venti stanze che merita una menzione. Soggiornarci è un’esperienza gradevolissima ed a buon mercato (meno di cinquanta euro al giorno), la segnalazione è quindi dovuta assicurando a chi legge che non vi sono legami con la proprietà.

The belle rive boutique hotel si trova in un edificio storico coloniale di fronte al fiume Mekong e nel centro della cittadina. La recente ristrutturazione ha migliorato i servizi mantenendo il fascino dell’indocina classica. Le grandi finestre utili ad areare le stanze, gli arredi in legno di tamarindo e midollino, la bella terrazza sul fiume dove attendere il tramonto, il servizio attento ad ogni richiesta.

L’Indo – chic che nutre le nostre fantasie e ricordi di un mondo tanto lontano quanto fascinoso, lo stesso che fa scrivere Lawrence Osborne di Bangkok e del Bamboo Bar del Mandarin Hotel, delle cameriere vestite di sarong di seta – in Thailandia chiamati patung –  e dai capelli raccolti a chignon, che servono i miglior cocktails della città chinandosi e facendo sfiorare la terra alle loro ginocchia.

Così prima che arrivino i barbari dalla Cina, si pensi allo stupro della bella cittadina khmer di Sihanukville, ridotta ad un bosco verticale di cemento dalla speculazione cinese senza che sia stato almeno pianificato un piano per le acque nere – è bene trascorrere alcuni giorni a questo piccolo albergo del cuore in questa città dell’anima.

I barbari sono ancora serrati a chiave nelle loro città alveare in ragione del virus di Wuhan, ma presto arriveranno a milioni e per la città dei templi d’oro sarà la fine.

Un séjour à Luang Prabang avant le déluge – un soggiorno a Luang Prabang prima del diluvio.

 

 

 

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