Abbiamo tanta Cina nei giornali e sugli scaffali delle ultime librerie. Cina pubblicata e spiegata in editoriali e libri di vecchi giornalisti prestati alla causa e da nuove firme formate da scuole del consenso e del comune sentire. Siamo tutti un poco esausti da questo eccesso di Cina, decido di prenderne un poco le distanze, e di parlarne in modo poco convenzionale per alleggerire la stanchezza di chi legge.
Veniamo alla domanda delle domande nei giorni ucraini degli autocrati rossi. Se lo ha fatto Putin con Kiev, quando lo farà Xi Jinping con Taipei? I due leader flirtano come due uccellini in amore ed il riconoscimento dei diritti dell’altro su qualche paese confinante pare un semaforo verde all’occupazione manu militari. Temi simili, ma anche differenti perchè la questione di Taiwan è vecchia di settant’anni e quindi ben nota da chi se ne occupa.
Taiwan assediata dai comunisti, incerti se invadere, bombardare, riprendere cosa si considera proprio. Negli anni dell’incertezza accerchiare e rompere i legami del governo nazionalista di Taipei con i pochi paesi che ancora lo riconoscono, nota bene il più importante è il Vaticano. Il gioco è complicato, gli Stati Uniti che sostengono ed incoraggiano la provincia ribelle, quasi fosse una portaerei a 180 km dalla Cina, quanto Milano è vicina (o lontano) da Portofino.
Domande vecchie di settant’anni e così attuali.
La Cina è pronta ad invadere o non ancora. Sarà il 2026 o il 2027? Come sarebbe organizzata la difesa? Cosa faranno gli americani? Cosa dice l’annuale report del Congresso statunitense sul progresso dell’esercito cinese? Perché mai la maggiore impresa di semiconduttori taiwanese vuole creare nuovi stabilimenti in Arizona? Trasloca?
Ogni giorno il medesimo stornello su Pechino e Taipei, analisi sul costo militare dell’operazione in termini di morti e distruzione. Chi mai poi farebbe commerci con la Cina invasore? Realpolitik, libera economia, diritti umani e tutela dei diritti d’impresa.
Forse la Cina di Pechino invaderà davvero Taiwan, forse, ma oggi ci soccorre Ennio Flaiano, sempre lui, che ci ricorda come le domande sono sempre le stesse ed i tempi della storia, piccole e grandi, rispondono a traiettorie conosciute. Invasione, guerra, annessione coatta, rieducazione di 25 milioni di persone al credo del partito unico al potere – ipse dixit comunista – è affare tanto delicato da farmi ricordare questa sua invenzione, che termina con un ammonimento.
Era il 1968 e pare oggi.
Nel 1968
I porti invecchiano
Venezia è sempre da salvare
L’Inps assediata
Gli statali in sciopero
L’edilizia in crisi
Gli ortofrutticoli danneggiati dal Mec
Il turismo regredisce
Le acque sono inquinate
I treni ritardano
La circolazione in crisi
Lo sciopero dei benzinai
Gli studenti preparano la protesta
Rivolta nelle carceri
La riforma burocratica ferma
Napoli paralizzata
Sciopero dei netturbini
La crisi del latte
La pornografia è in crisi
Il divorzio è in crisi
Crisi dell’istituto familiare
I giovani svedesi non si sposano più
La torre di Pisa ancora in pericolo
Il porto di Genova paralizzato
I telefoni non funzionano
Posta che non viene distribuita
La crisi dei partiti
La crisi delle correnti dei partiti
Lo Stato arteriosclerotico
Il Mezzogiorno in crisi
Le regioni in crisi
Il Comune di Roma aumenta il disavanzo
Ferma la metropolitana a Roma
Duello di artiglieri a Suez
I colloqui di Parigi stagnano
Nel Vietnam si attende l’attacco
I cinesi preparano una sorpresa?
I negri preparano la rivolta?
Gli arabi preparano la guerra?
I russi nel Mediterraneo
De Gaulle in pericolo
La sinistra in crisi
La destra in crisi
Il centro-sinistra in crisi
Fine del parlamentarismo?
Il freddo ritorna.
Noi viviamo grazie a Dio
In un’epoca senza fede
C’era quel giorno uno sciopero di mutilati
o medici o mutuati o edili non ricordo bene
Il giorno prima c’è stato uno sciopero di poeti
Di santi di navigatori o forse o forse mi sbaglio
La libertà conduce alla noia
e la noia alla dittatura
12 maggio