Per primi furono i cinesi di Hong Kong di Chris Patten, l’ultimo governatore di sua maestà. Il ritorno alla Cina nel 1997 spaventò i più e si contarono in migliaia coloro che abbandonarono la colonia per cercare fortuna altrove. 

Ad Hong Kong i primi anni del nuovo millennio sono stati segnati da un tempo di crescita, prosperità ed una certa libertà di parola, ma gli ultimi hanno suscitato tanto spavento che chi ha potuto ha scelto di andarsene. La nuova legge sulla sicurezza nazionale ha fatto retrocedere Hong Kong nei favori degli operatori economici e gli indici di libertà d’impresa sono retrocessi di parecchi punti. 

Poco oltre il confine sempre più poroso con il Guandong cinese, la disciplina di Xi Jinping traccia nuove linee sul capitalismo d’impresa a servizio dello stato. La vicenda del milionario globale Jack Ma di Alibaba costretto a fare pubblica ammenda dei suoi torti e delle sue ambizioni, vale più di un monito, ma di una minaccia certa e diretta.

Scappare … ops  … Delocalizzare i propri affari ed interessi è cosa saggia come diventare expat cinesi.

In tal senso scopriamo in un bel articolo di Oliver Telling sul Financial Times, che Singapore è il nuovo porto sicuro di tanti ricchi cinesi che si trovano a scontrarsi quotidianamente con le draconiane norme sul Covid di Pechino e libertà economiche che vanno di ora in ora riducendosi. Singapore offre una cornice legislativa ed economica di primo livello in uno stato dove oltre i due terzi della popolazione è di origine cinese.

La stessa Malesia rappresenta un’alternativa. “Hai riso, olio e seminativi. La Malesia è benedetta dai doni. Questa è solo una seconda casa per noi, ma vediamo il vostro paese diventare la prima casa per le nostre generazioni future e vogliamo aiutarvi a diventare migliori”, riportando le parole di un importante uomo d’affare cinese al giornale malese Star a seguito dell’acquisto di Island Plaza, un centro commerciale di oltre 150.000 metri quadri a Penang (curioso non dare il nome alle stampe).

La scelta di rimanere nelle aree limitrofe alla propria area d’origine semplifica l’emigrazione economica di tanti cinesi ricchi, perché viene parlata la loro lingua e non si sentono minacciati o discriminati per la propria etnia, come negli Stati Uniti o a stessa Gran Bretagna, che ha continuato a garantire un passaporto di sua maestà a chiunque sia nato ad Hong Kong prima del ritorno alla Cina del 1997.

Fuga di capitale economica ed umano da un regime autocratico e minaccioso, una storia tanto simile alla fuga di centinaia di migliaia di cervelli dalla Russia di Putin di questi giorni. A dispetto di tutto ciò, vi è ancora qualcuno che sia convinto che i modelli del capitalismo di stato con limitate libertà politiche ed economiche possano essere un’alternativa soddisfacente.   

9 settembre

 

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