Capitolo 1: Reati contro il re, la regina, l’erede legittimo e il reggente
Sezione 112. Insulto o diffamazione della famiglia reale
Chiunque diffama, insulta o minaccia il Re, la Regina, l’Erede o il Reggente, è punito con la reclusione da tre a quindici anni.
Sostiene Frank che per parlare di Tantawan Tuatulanon, attivista per i diritti civili thailandesi reclusa in carcere, la cosa migliore è ricordare la vicenda di Oliver Jufer, che altro non era che un ubriacone svizzero.
Giovedì 5 dicembre 2007, un giorno come un altro a Chiang Mai nel nord della Thailandia se non fosse che i bar non vendevano alcolici per il compleanno del Re Bhumibol Adulyadej. La faccenda non piaceva ad Oliver. Intollerabile non trovare un bar aperto dopo aver scorrazzato in giro con i suoi amici in motocicletta. Al tempo dei fatti in questione Oliver aveva 57 anni, viveva in Thailandia da dieci e sapeva che offendere l’immagine del re fosse un crimine, anche più grave di bestemmiare Buddha.
“Raccontiamola cosi”, mi dice Frank, “Lungo la superstrada che collega l’aeroporto di Bangkok alla città puoi vedere un enorme cartello che invita i turisti a non farsi tatuare l’immagine di Buddha perché questa è un’offesa alla religione nazionale, ma non mi risultano che vi siano divieti di legge al tatuaggio”.
La questione reale è di un’altra gravita. La famiglia reggente attraversa e supera la dimensione terrena. I fondatori della dinastia, scelsero il nome “Chakri” fusione delle divinità Shiva e Nārāyaṇa, avatar di Visnù, figura divina protettrice del mondo e del Dharma.
Protettore o meno del mondo quella sera Oliver andò a casa, si ubriacò, prese una bomboletta di vernice nera e disegnò corna e baffi al ritratto del sovrano dio della Thailandia.
“Cosa fece esattamente non lo so”, sostiene Frank, “lo stesso difensore d’ufficio dello svizzero era imbarazzato nel difenderlo ed al momento della condanna disse pure che se l’era meritata”. Cinque effigi reali deturpate moltiplicate per quattro anni di condanna a testa, o meglio a corna e baffi del re, facevano venti anni di carcere. Ammissione di colpa e richiesta di perdono da parte di Oliver e si concordò per la metà. Dieci anni di prigione in attesa che il consolato di Berna facesse qualcosa.
“Hanno lavorato bene, la faccenda era nota a chi fra noi apparteneva a quel mondo, ed il vecchio ubriacone è tornato a casa dopo qualche mese in carcere.”
Il caso di Oliver Jufer è stato utile per portare a conoscenza dell’opinione pubblica occidentale il delitto di lesa maestà thailandese, una curiosa anomalia dei tempi moderni perché non risulta che vi siano norme tanto severe al mondo.
Negli anni è stato lo strumento attraverso il quale il governo ha mantenuto l’opposizione in silenzio e si contano decine di attivisti in carcere, ma dal Mekong emergono cadaveri imbottiti di cemento di chi aveva detto qualcosa del re.
Dolce sensuale Siam dalle notti che ci avvolgono e stordiscono, mentre i dissidenti vengono uccisi ed altri languano in prigione, fino all’ultimo caso della ventottenne Netiporn “Boong” Sanesangkhom leader di un movimento di protesta contro la detenzione per i reati d’opinione e di coscienza. “Boong” era in custodia in carcere in attesa di processo ed è morta dopo uno sciopero della fame di oltre 65 giorni.
Frank ricorda un recente rapporto di Thai Lawyers for Human Rights, censisce in 1.954 gli individui perseguiti legalmente per reati d’opinione e tra loro ben 272 rischiano pene detentive in base all’articolo 112 del Codice penale sulla lesa maestà.
Frank, che non si chiama così, oggi non lavora più nel consolato del proprio paese. Frank è in pensione e si divide tra la propria casa di Hua Hin e la quella nella capitale, vicino al Lumpini Park dove ha deciso di vivere ed intrattenere pericolosi rapporti con alcuni attivisti civili.
“Nulla di veramente illegale o forse potrebbe esserlo, ma a pensarci bene la mia è una sciocchezza di un uomo oramai anziano, che ha visto troppe cose e si è voltato dall’altra parte per la sola ragione che ero un funzionario di consolato straniero. Forse avrei potuto salvare qualcuno di cui nessuno ha più notizie. Non sarò il Pereira del vostro Antonio Tabucchi, ma ho deciso di fare qualcosa per dare un senso agli ultimi anni della mia vita”.
“Dobbiamo parlare di Tantawan Tuatulanon e rendere la sua vicenda nota a livello globale ora che “Boong” è morta. Si tratta di un’attivista determinata quanta ingenua, innocua ma rumorosa. Non ha fatto nulla di violento se non criticare la politica del governo e della famiglia reale nei confronti della popolazione rurale dell’Isaan, il grande ventre povero del paese. In questi giorni Tantawan è stata trasferita all’ospedale universitario di Thammasat a causa di un crollo nervoso dopo aver saputo della morte di “Boong” ed ora tutti temiamo per la sua vita.
Tutto questo sostiene Frank ed è affare nostro renderlo pubblico.
25 maggio
Tantawan Tuatulanon