“La creazione dell’alleanza militare nord atlantica e la dislocazione di numerosi basi militari in tutto il mondo inducono a considerare gli Usa come un paese tutt’altro che pacifista. Il che è dimostrato altresì dal rigetto da parte di Washington di tutte le proposte …”

Alla frase del ministro degli esteri russo ripeteva nervoso il presidente cinese, “L’imperialismo americano è una tigre di carta”, mentre il diplomatico di Mosca concludeva che “gli americani che amano vantarsi del loro potenziale economico, ma ciò fino a quando non ricevono la visita di uno spettro terrificante, lo spettro delle crisi economiche”.

Sempre da quanto leggiamo dalle note del ministro russo, scopriamo che a distanza di un anno la crisi politica in estremo Oriente si era gravemente acutizzata. Gli Stati Uniti mostravano di voler garantire ad ogni costo lo status quo di Taiwan al costo di un conflitto con la Cina comunista. La leadership cinese sosteneva che non è possibile fare una minima concessione agli americani al costo di una guerra nucleare, prospettiva che spaventava i russi. E’ inteso, proseguiva il leader cinese, che le azioni di Cina e Russia avrebbe dovute essere coordinate nel raggiungimento della sconfitta del nemico occidentale a qualsiasi costo.

Un altro intervallo di qualche anno perché lo stesso ministro russo dichiari al cinese: “Noi riteniamo di dover sempre guardare alle prospettive di sviluppo dei rapporti tra i nostri paesi. Certo, oggi la situazione internazionale è molto complessa. Le forze dell’imperialismo mirano alla supremazia mondiale, per poter imporre, da questa posizione, la loro volontà agli altri paesi.”    

Gli appunti in questione non sono le registrazioni segrete degli incontri tra Lavrov con Xi Jinping o Wang Yi, sarebbe il desiderio di qualsiasi servizio di intelligence occidentale conoscere i contenuti dei loro recenti incontri, ma sono tratte dalle memorie del ministro degli esteri sovietico Andrej Gromyko pubblicate nel libro Memorie, edito dalla Rizzoli nel 1989 che acquistai per l’iperbolica cifra di 48.000 lire di quegli anni.

Quanto riporta Gromyko pare scritto oggi, il leader cinese di cui ho omesso il nome è Mao Zedong e le parole riferite riguardano incontri effettuati nel novembre del 1957 a Mosca e quelle più bellicose a Pechino l’anno dopo. L’ultima dichiarazione sulle prospettive di alleanza e collaborazione dei due paesi è successiva di parecchi anni e risale al 1984, a margine dell’Assemblea generale del’Onu a New York, durante due incontri avuti con il ministro degli esteri cinese Wu Xueqiang.

Mutatis mutandis, pare che le faccende della politica delle grandi potenze si evolvano, ma non mutino nella sostanza. Grandi paesi arretrati che aspirano alla sostituzione del più grande e del più ricco per la creazione di un nuovo ordine mondiale. A vederlo con una lente propria dell’entomologo, un conflitto etologico per il dominio declinato a grande nazione.

E’ un grande esercizio critico rileggere le memorie del vecchio Gromyko, che in vita fu attore della grande stagione della diplomazia sovietica, di cui fu ministro degli esteri dal 1957 al 1985 per 28 anni. Gromyko era noto come il signor No, tanto fosse complicato trattare con lui. Era preparatissimo ed a dire delle controparti occidentali era una persona capace di onorare la parola e consapevole delle responsabilità del ruolo. Si racconta che la perdita dei suoi tre fratelli durante la seconda guerra mondiale lo avesse segnato al punto di formulare la frase: “meglio dieci anni di trattative che un solo giorno di guerra”.

Nelle memorie ritroviamo immagini ed elementi utili anche ai nostri tempi. Il monito della formula di John Watson Dulles, già segretario di stato dell’amministrazione Eisenhower, che nel 1953 affermava che la sola politica estera americana poteva essere “nell’equilibrio sull’orlo della guerra” e l’auspicio della “brezza della distensione” di Charles De Gaulle, il quale sapeva smussare ogni asperità nelle conversazioni ed a cui non mancava un carattere franco ispirato dalle buone intenzioni. Parrebbe un pannicello caldo, ma Gromyko pare sincero nel riconoscerne l’equilibrio e la comune volontà di un confronto senza il rischio di uno scontro bellico.

Forse è questa la maggiore differenza da tempi tanto lontani. De Gaulle, Gromyko e lo stesso Eisenhower avevano conosciuto l’orrore della guerra e sono stati capaci di tenerla lontana dalle nostre vite.

Chapeau.    

26 febbraio

 

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