Francesco prepara il trasloco da settimane. Lascerà Hong Kong dopo trent’anni, non tornerà a Bologna dov’è nato perché non gli sono rimasti che pochi amici d’infanzia. 

A sessant’anni lascia il lavoro per trasferirsi a Phuket, in Thailandia, dove ha una seconda moglie thailandese e la figlia di lei, che lo chiama papà. 

“La moglie italiana è durata poco ai monsoni estivi e non sopportava la comunità degli espatriati. Parlava poco l’inglese e detestava l’aria condizionata. Ci siamo lasciati in aeroporto. Mi ha detto che ci saremmo rivisti in un mese, sapevamo entrambi che era una bugia, non è più tornata”.

Gli ultimi giorni di Francesco ad Hong Kong sono segnati da piccoli e curiosi eventi che segnano il tempo di John Lee, il nuovo reggente di Pechino.

Francesco mi racconta che si è trovato coinvolto in un flash mob al centro di Kowloon. Un gruppo di un centinaio di persone che parevano trovarsi lì per caso, hanno intonato “The glory of Hong Kong”, una canzone adottata dalla resistenza democratica all’occupazione di Pechino. L’azione è stata tanto fulminea che neppure gli zelanti poliziotti di John Lee hanno potuto fare qualcosa. L’iniziativa, al pari di un attacco guerrigliero, si è ripetuta più volte nei giorni successivi ed in luoghi diversi, pochi minuti per poi disperdersi. Francesco mi ha ricordato che a canzone rappresenta l’ultimo testimonianza di libertà ed è già censurata nelle scuole. Le autorità di Pechino hanno vietato l’inno e chi lo canta può essere arrestato.

I regimi sono fatti così, portato in prigione chi ha un solo foglio bianco da mostrare ai passanti a Mosca e poi Alexandra Wong ad Hong Kong, l’anziana attivista possibile candidata per il Nobel per la pace, colpevole di mostrarsi con un mazzo di fiori in una manifestazione nel giorno della strage di piazza Tiananmen. 

Una signora con un casco di capelli bianchi ed un mazzo di fiori arrestata tra la folla è faccenda degna di un murales di Bansky, davvero pop, quanto due enormi papere gialle alte 18 metri dell’artista olandese Florentijn Hofman rimorchiate e messe a dimora a Victoria Harbour a Causeway bay nello stretto di mare tra l’isola di Hong Kong e Tsim Sha Tsui. Una delle papere ha avuto un destino infausto come il Jumbo floating Restaurant, una chiatta galleggiante che era una vera attrazione della città. Dopo il Jumbo è affondata anche una papera, troppo facile trarre una metafora sul destino dell’ex colonia di sua Maestà, tra cappi di seta al collo della libertà e maquillage artistici per i turisti più distratti.

A fine agosto perderemo uno storico corrispondente informale da Hong Kong, che si dedicherà alla sua più grande passione, la pesca d’altura nel mare delle Andamane.

13 giugno

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