Nell’arresto di uno studente brasiliano di 25 anni al suo arrivo all’aeroporto di Bali per l’importazione di sostanze stupefacenti abbiamo tante storie in una sola.
Non si tratta di un trafficante, portava con sé 9 grammi di cannabis confezionate in pacchetti di sigarette “Supermao”, acquistati durante il suo soggiorno in Thailandia. Una volta portato davanti al giudice, lo studente ha detto di non sapere che la sostanza fosse vietata in Indonesia, dove le condanne per sono tanto severe che possono portare alla pena capitale. La modestia della quantità non porterà il distratto brasiliano al patibolo, conoscerà la prigione e pagherà una multa, ma racconta qualcosa di nuovo sulla cannabis ed altre sostanze in Oriente.
La Thailandia ha recentemente depenalizzato la cannabis.
Vi sono limiti importanti nell’uso in pubblico e la stessa produzione deve essere certificata da enti di controllo governativi, ma la liberalizzazione produrrà effetti nuovi sulla composizione sociologica del turismo. Il ministro della sanità thailandese Anutin Charnvirakul, famoso per le sue dichiarazioni verso gli occidentali e la loro igiene personale – a suo dire disdegnano la doccia ai tropici, sogna una Thailandia come meta del turismo d’élite, ma l’apertura alla cannabis indirizza il paese verso i più giovani backpackers.
Tuttavia la vicenda dello studente brasiliano è nei fatti emblematica e racconta dei complicati rapporti tra le autorità di polizia, i turisti e qualche autentico spacciatore.
Ricordo un poliziotto a Kovalan nel sud del Kerala, in India, che vendeva di giorno cannabis a qualche giovane occidentale per far fare irruzione dai suoi colleghi nelle guesthouse di notte. Il sequestro di pochi grammi e dei passaporti e la pretesa di chiudere un occhio contro il pagamento di qualche migliaio di dollari. Bali ha vissuto una stagione in cui i full moon party nelle zone montane dei vulcani, erano spesso organizzati con la complicità delle forze dell’ordine, che successivamente intervenivano per estorcere denaro a qualche partecipante. Altre volte le storie hanno conseguenze drammatiche, alcuni spacciatori australiani giustiziati in Indonesia ed il caso di Felix Dorfin, un commerciante di metanfetamina condannato a morte nel 2019, forse perché era riuscito a far perdere le proprie tracce da un centro di detenzione corrompendo una poliziotta. Ma anche quello più famoso e lontano nel tempo di Beatrice Saubin, una ragazza francese condannata a morte e successivamente graziata, che ha passato dieci anni in carcere a Penang, in Malesia in attesa dell’impiccagione. Una volta uscita di carcere ha scritto un libro di successo, ma provata dalla lunga detenzione non ha vissuto a lungo ed è morta a meno di cinquant’anni.
A leggerla bene la depenalizzazione della cannabis sembra creata per lasciare ampi spazi di discrezionalità ai poliziotti thailandesi, che potranno arrestare giovani imprevidenti che hanno confuso la vecchia Amsterdam con un paese il cui livello di corruzione è posto al numero 104 al mondo, tra il Gambia e la Mongolia.
La vicenda dei caffè del quartiere arabo di Bangkok tra tra le Soi 3 e 5 di Sukhumvit e dei narghilè risulta esemplare. Il fumo di questo tabacco aromatizzato è vietato per legge in un paese dove non esiste un monopolio statale, tuttavia la polizia chiude un occhio ed ottiene una commissione del 50% sulle vendite, che ammontano a decine di migliaia di dollari al mese nell’intero quartiere, a dirmelo è Hassam titolare di un caffè sulla quinta. Oppure la vicenda di Thitisan Utthanaphon chiamato da tutti Joe Ferrari, un ufficiale della polizia con una trentina da automobili di lusso, tra cui spicca una Lamborghini Aventador Anniversario da 1,2 milioni di dollari. Joe Ferrari sposato con una star della televisione thailandese, conduceva una vita da milionario a dispetto di stipendio di meno di 2.000 dollari al mese, ma è finito in carcere per avere soffocato con un sacchetto di plastica un spacciatore a cui voleva estorcere denaro e droga. A raccontarla, mi convinco sempre più che la sua maggiore colpa è stata di non aver disattivato il sistema di registrazione video interna del commissariato, e non già di avere in tasca tanto denaro che nessuno non poteva non vedere.
Ambigua ed adorabile Thailandia, quando lo stesso Anutin Charnvirakul ha dichiarato alla CNN: “will [only] promote cannabis policies for medical purposes” and has never advocated for its recreational use. “Don’t come. We don’t welcome you if you just come to this country for that purpose.”
Thoughts and arguments for amateurs
John vive in Thailandia da una decina d’anni e non disdegna di fumare occasionalmente la cannabis, “Per non avere problemi devi dichiarare di essere soggetto a forti emicranie ad un medico thailandese, che potrà rilasciarti una lettera liberatoria al costo di 500 bath (circa 15 euro) da tenere sempre in tasca. Se la polizia ti dovesse fermare con stesso pacchetto di “Supermao” di cui era in possesso il giovane studente brasiliano non avrai problemi.”
Ambigua, adorabile, ma anche immorale Thailandia.
7 luglio
Anutin Charnvirakul, ministro della sanità e vice primo ministro thailandese
Joe Ferrari e la moglie
L’omicidio in commissariato