Ho conosciuto il cinema di Apichatpong Weerasethakul una sera d’inverno del 2010, al cinema Eliseo di Via Torino a Milano. Il film “Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti” del cineasta thailandese aveva vinto quell’anno la Palma d’oro al Festival Internazionale di Cannes.

E’ raro che un film di un paese alla periferia del cinema mondiale possa avere il riconoscimento più alto in un Festival tanto prestigioso, ma il presidente di giuria Tim Burton ne rimase affascinato, si racconta che convinse la giuria senza troppa fatica.

Per me fu differente perché entrando nel cinema sapevo cosa aspettarmi, avevo letto di un film che era stato fischiato da pubblico ed osannato dalla critica, da alcuni definito lento e sinuoso fino ad essere incomprensibile, da altri capace di aprirci ad un mondo mai immaginato, così è il film di Apichatpong Weerasethakul, capace di raccontarci un nuovo scorrere del tempo e sottolinearci il suo respiro. E’ il mondo contadino dell’Isaan, la regione del nord est della Thailandia, che vive di miti e del culto degli antenati, dove gli spiriti dei morti non abbandonano le case e gli affetti ed ogni forma vivente è parte del tutto, dove si racconta che il paradiso esiste ma è un luogo deserto, perché le anime sono legate alle persone e non ai luoghi, “Zio Boonmee” è un film che seduce o disturba, perché vi è una diversità che porta lontano dalle semplici consuetudini.

Zio Boonmee, il protagonista, è prossimo alla fine e nell’attesa della morte si trova a fare i bilanci di una vita, al suo fianco la cognata e suo figlio i quali sembrano amorevoli, per poi sorprenderci, quando si rifiutano di spendere denaro per il libro commemorativo della cerimonia funebre, sullo sfondo il contrasto tra la campagna e una Bangkok che stordisce, mentre gli antichi riti buddisti diventano forma esteriore nella luce acida dei neon.

Apichatpong Weerasethakul ci restituisce un mondo che ognuno può interpretare come meglio crede, ma che fa ca

pire che ogni sostanza ha un’ombra che vive e sospira.

Il regista non è amato in patria, nelle interviste ricorda che è sempre sospettoso nel decidere di distribuire i suoi film in Thailandia perché ci perde tanti soldi e qualche volta si ritrova gli spettatori a richiedere il costo del biglietto. Apichatpong Weerasethakul il più thailandese dei cineasti locali, ricorda Yuchio Mishima senza gli eccessi ed il furore dello scrittore giapponese, il suo è un viaggio appassionato in un Siam rurale sospeso tra realtà e sogno, allucinato ma autentico, troppo lontano dalla nuova religione del consumo dei giovani thailandesi di Bangkok per essere compreso prima di essere amato.

Breve cinematografia:

Lungometraggi

Trailer

https://www.youtube.com/watch?v=sy9rQrlMPUI

25 novembre

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