La stampa ed i media cinesi sono liberi ed indipendenti come un panda in uno zoo di Pechino.  

Non dobbiamo così sorprenderci se non si sono alzate voci critiche per l’invasione dell’Ucraina. La Cina ha legami funzionali con Mosca, tanto da giustificare ad le “legittime preoccupazioni per la sicurezza” russe. L’agenzia di stampa governativa Xinhua, fino dai primi giorni del conflitto russo ucraino, ha evitato l’utilizzo della parola guerra, a favore della ben nota espressione “un’operazione militare speciale” coniata da Peskov, non facendo mai menzione al termine “invasione”.  

La Russia appare, agli occhi dei tabloid cinesi, l’ultimo baluardo del mondo contro l’espansionismo degli Stati Uniti e della Nato. Cadesse la Russia, la Cina sarebbe il successivo obiettivo, “l’amicizia senza fine” siglata da Putin e Xi Jinping rimane l’accordo essenziale per la propria sopravvivenza. I cinesi hanno prestato i propri media per amplificare la propaganda russa. I tabloid del partito in lingua inglese, dal China Daily al Global Times citano i funzionari del Cremlino e i media statali russi come loro fonti di notizie. In una sola nota di sintesi, Rachel Cheung su Aljaazera, “il modo in cui la guerra è stata inquadrata dai media statali cinesi riflette la posizione del governo.”  

Sovente la tragedia diviene farsa. I tabloid cinesi riportano bizzarre teorie del complotto ordito dagli statunitensi e dai loro alleati. Un esempio è l’esistenza di laboratori biowar siti in Ucraina, specializzati nella creazione di nuovi virus capaci di colpire la Russia attraverso le migrazioni di uccelli infetti quali vettori di contagio. 

Sovente la tragedia diviene dezinformacija come in questi ultimi giorni. I mezzi stampa del governo cinese hanno inizialmente taciuto sulla rivolta del signore delle armi Evgenij Prigozhin. Quando non era più possibile tacere, il China Daily ha mostrato prima imbarazzo, poi il tabloid ha pubblicato integralmente il discorso di Putin alla nazione quando gli ammutinati erano a pochi km da Mosca. Un editoriale di Zhong Xia, su CGTN “Voice of China” dello scorso 25 giugno, ha riportato la storia di  Evgenij Prigozhin, il warlord di Putin, senza pudori ed omissioni, definendolo un ladro ed un pregiudicato. Successivo ed è l’ultimo colpo di scena,  la rivolta armata diviene un “incidente“, quasi una baruffa di famiglia.

Putin che grida alle armi per salvare la Madre Russia, Putin che cede ad un compromesso con il golpista Prigozhin che si ritira in Bielorussia.

Solo allora  i tabloid riportano le notizie del governo cinese, che dichiara di sostenere Putin ed apprezzare la sua moderazione, auspicano la stabilità del paese e mostrano – senza intenzione – la fragilità dello Zar, la prima linea di difesa contro l’Occidente e la Nato.

Ci concediamo due piccole riflessioni: in primo luogo gli ultimi giorni russi risultano quanto di più incomprensibile ai cinesi, legati al concetto di  Mianzi 面子, il senso di perdere la faccia per la propria inettitudine ad indirizzare le persone come suggerito da Confucio, “Se tu guidi le persone in modo eccellente e le metti al loro posto attraverso le pratiche rituali, oltre ad instillare in loro un senso di vergogna, allora esse si comporteranno in modo armonioso” (Lunyu, II, 3). 

Le cattive notizie hanno prospettive eccellenti per Pechino, che vede aumentare la propria influenza in Asia centrale e nell’estremo oriente settentrionale. Dal 1 giugno, la Cina ha in uso il porto russo di Vladivostok per il proprio traffico merci e lo scioglimento dei ghiacci artici apre nuove rotte commerciali, una risultato straordinario per chi ancora piange la perdita della città di Haishenwai, ora Vladivostock cinese fino al 1860.

Cosa scrivono i giornali cinesi oggi 27 giugno 2023 dell’affaire Prigozhin? Nulla.

27 giugno

Oldies but goldies

China Youth Daily 15 settembre 1956

 

©2024 - Altriorienti - Accesso amministratori - Questo sito non raccoglie informazioni personali e non usa cookies

Log in with your credentials

Forgot your details?