Dobbiamo essere onesti, gli oriundi nello sport sono una categoria nazionale italica prima di chiunque altro.
Una prima stagione eroica in cui si portava a vestire la maglia azzurra figli di emigrati della grande miseria. È la stagione dei Ghiggia e Schiaffino, uruguagi della Plata ed argentini, come l’inarrivabile Sivori. Schierati italiani quando i nativi era scarsi nel talento, senza dare mai però un contributo vincente.
Poi il passaporto verde, al tempo quello era il colore, finì nelle tasche di giocatori di baseball, hockey americani e poi la grande stagione del rugby argentino dei Dominguez e Parisse, perdenti di successo.
Siamo senza vergogna e se lo abbiamo fatto non era per vincere, ma per non fare brutta figura.
Poi la macchina della propaganda cinese si è messa al lavoro per le olimpiadi di Pechino.
Cosa c’entri la Cina con le olimpiadi invernali è cosa buffa. Lo sci e l’hockey sono faccende di paesi alpini e benestanti, ma l’olimpiade è faccenda davvero singolare se abbiamo avuto dei giamaicani dalla pelle scura concorrere nella discesa del bob. Partecipare come mantra, vincere come obbligo è questione dei soliti paesi, ma la Cina ha osato come pochi, ingaggiaggiando decine di mercenari nell’hockey ed in tante altre specialità e due stelle statunitensi di pattinaggio artistico e snowboard.
Nate statunitensi Eileen Gu e Beverly Zhu Yi sono due stelle dello sport a stelle e strisce, ma la chiamata di Pechino è stato un richiamo irresistibile. Negheranno di aver preso tanti soldi, per certo hanno rinunciato al passaporto Usa per uno cinese. Qui la storia di due vite parallele, Plutarco mi perdoni, diviene tanto diversa da essere universale.
La campionessa dello snowboard vince a diventa l’eroina di Cina, la seconda nel pattinaggio perde emozionata e si schianta due volte sul ghiaccio. La prima dichiara che se qualcuno non la ama- non pochi la considerano una venduta – non la riguarda, sono poveracci che mai vinceranno un’Olimpiade. La seconda è schiacciata da migliaia di commenti che la irridino sui social cinesi Weibo e Wechat, che si chiedono perché mai inserire nella squadra nazionale una statunitense di Los Angeles che pure farfuglia poche parole in mandarino e piange tutto il tempo.
Destino pari a quelli dei gladiatori per compiacere il senso del tragico da parte di spettatori che non sono cambiati in duemila anni.
Eileen Gu intervistata dice cose interessanti, che si sente statunitense da parte di papà e cinese da parte di mamma, quindi si trova bene a Los Angeles come a Pechino. Modella e testimonial di Victoria Secret può trovare negozi Luis Vuitton nei paesi di cui è ambasciatrice – tanto basta per dirsi soddisfatta.
Eileen Gu è davvero una campionessa della globalizzazione dei brand del lusso e dell’identità liquida, si dirà che sono i tempi moderni.
12 Febbraio