Nei giorni scorsi è trapelata la notizia di un accordo sull’origine del virus Covid 19. La Cina sotto pressione internazionale, potrebbe ammettere la fuga accidentale dal laboratorio di Wuhan e la colpa degli scienziati.
Nulla sappiamo circa l’ammissione della responsabilità e le conseguenti riparazioni per i danni arrecati, che secondo il World Economic Outlook Report del Fondo Monetario Internazionale valgono per il solo 2020 circa il 3,5% del prodotto interno lordo globale.
Delle responsabilità ed omissioni cinesi abbiamo lungamente parlato nella nostra sinossi, ricordando però, che i pericolosi esperimenti della dottoressa Shi erano effettuati insieme a scienziati americani come Baric e Daszak e le partnership dell’istituto di Wuhan riguardavano il Gotha della virologia mondiale.
La stessa dottoressa Shi nei giorni successivi la pandemia è divenuta irreperibile per oltre un anno, mentre biologi militari cinesi hanno assunto la conduzione del laboratorio.
Nei giorni successivi alla notizia del possibile accordo, sono trapelate notizie nel segno opposto.
China Daily il 22 luglio ha ricordato che il virus era presente nell’ottobre 2019 in Italia, altrove che la richiesta di un’ulteriore indagine a Wuhan dell’Oms è offensiva ed inopportuna.
Le reazioni cinesi impongono una riflessione ai lettori meno attenti.
Esiste un termine comune in Asia e specificatamente in Cina, che riguarda il timore di “perdere la faccia” alias 面子 o miànzi.
Nulla è tanto terribile che mostrare la propria debolezza ed inettitudine alla propria comunità. L’ammissione di responsabilità ha effetti disastrosi, laddove vengono ammesse colpe e inadeguatezze. Il confucianesimo ha sviluppato un mondo basata sulla vergogna, ben differente dalla cultura occidentale, fondato su principi, coscienza e responsabilità.
Allo stesso modo, il danno causato dal laboratorio di Wuhan è tanto grande che non può essere messa in atto la strategia della prima Sars del 2003, dove le responsabilità divennero dei singoli amministratori locali e delle loro ambizioni personali ed il migliaio di morti furono esclusivamente in Cina.
Tutto il mondo ha assistito lo scorso primo luglio alla cerimonia per il centenario della nascita del Partito Comunista sulla piazza Tienanmen – la Porta della Pace celeste – di fronte ad oltre 70.000 persone senza mascherina. Xi Jinping ha dichiarato che ogni azione contro la Cina avrebbe effetti tragici “[essi] avranno la testa spaccata e sanguinante contro il grande muro d’acciaio costruito con la carne e il sangue di 1,4 miliardi di cinesi.”
Poste queste premesse culturali, economiche e strategiche, un accordo sull’ammissione di responsabilità risulta improbabile e comporterebbe la caduta dello stesso Xi Jinping.
Poco meno di un anno fa, il medico e ricercatore Joseph Tritto presidente del World Academy of Biomedical Sciences and Technologies pubblicò il testo, ”Cina Covid-19”, raccontando al mondo la storia del laboratorio di Wuhan e degli esperimenti di potenziamento dei patogeni virali. Il libro di Tritto, pubblicato da Cantagalli, una piccola casa editrice e presentato dal sito del Pontificio Istituto Missioni Estere, ha anticipato le conclusioni raggiunte dalle Cancellerie e dai servizi d’informazione del mondo occidentale a distanza di un anno.
Tritto concludeva il libro ad agosto 2020, affermando che la mancata pubblicazione del virus madre, o matrice, da parte dei cinesi avrebbe costretto la scienza ad inseguire varianti e mutazioni, ma non avrebbe debellato la pandemia. Per quanto la tesi di Tritto non è condivisa da tutti gli scienziati che studiano i patogeni virali, un buon compromesso potrebbe essere ottenere il virus matrice per la creazione di un vaccino universale.
Infine sarebbe opportuno la ratifica di Pechino sull’accordo sulle armi biologiche, mai entrato in vigore nei laboratori dell’esercito cinese, che come ampiamente documentato, studiano guerra irregolari ed asimmetriche contro la razza caucasica.
25 luglio