La notizia del giorno: la Cina non vuole più costruire copie di Venezia e Parigi con tanto di torre Eiffel e nuove piramidi di Giza e spacciarla per tali, lo ha dichiarato Hang Feng, del Dipartimento Panorama della prestigiosa università Tongji, affermando che questo tipo di architettura mostra una insopportabile “mancanza di fiducia culturale”, da oggi in poi, ha concluso, “il tratto cinese dovrà essere la cifra stilistica della architettura e nostro motivo di orgoglio.”
Non mi sono mai preoccupato se a Las Vegas si navighi in gondola o l’hotel Bellagio ricordi l’amena località del lago di Como, più interessante il tema dell’italian sounding alimentare e la tutela dei marchi e prodotti nazionali.
Vendere ad una coppia di mezza età di Wuhan la piramide di Giza è impresa ardua, anche per il miglior pataccaro di Cina, ma fondare una città e chiamarla Parma per poter spacciare il prosciutto locale come delizia è davvero una porcata, non ne abbiamo i maiali cinesi.
Per quanto sia entrata in vigore una nuova normativa sulla tutela dei marchi stranieri, in linea con la volontà di armonizzarsi con la disciplina del WTO, il marchio CE China export del governo di Pechino copia in modo fraudolento l’equivalente europeo con il proposito di indurre in inganno i consumatori, come ha pronunciato la sentenza della Cassazione n. 33397/18 del 18.07.2018.
Morale a geometria variabile in Cina, scorrettissima verso il mondo e ferocissima con i propri figli, durante il “Gaokao 2016”, ovvero le prove di ammissione all’università con quasi nove milioni di esaminandi, sono state segnalate 165 violazioni (copiavano). Oltraggio tanto spaventoso da far presentare subito una proposta di legge per i rei, con le condanne fino a sette anni di carcere.
Legge retroattiva per i 165 reprobi? Domanda legittima visto lo stato del diritto in quel paese, ma non mi è dato sapere dei loro destini, scusatemi.
13 maggio 20