“E’ ora che l’Occidente condivida il suo potere” è il titolo di un’editoriale di Thomas Piketty sulla rivista Internazionale di questa settimana.
“Diciamolo chiaramente”, afferma Piketty, “è tempo che l’occidente abbandoni la sua arroganza e prenda sul serio i Brics.” L’economista francese è consapevole che il gruppo sia “poco strutturato e per lo più informale” e che non brilli certo per rispetto dei diritti umani e dei valori democratici, ma scrive che le cose non paiono tante diverse dalle nostre parti, ricordando il calo della partecipazione alle urne in Francia, l’assalto al Campidoglio, Donald Trump cattivo maestro e dei suoi epigoni brasiliani.
“Cosa possono fare i paesi occidentali per ristabilire la loro credibilità nel sud del mondo? Innanzitutto smettere di dare a tutti lezioni di giustizia e democrazia, visto che, quando gli conviene, vengono a patti con i peggiori regimi”.
Thomas Piketty gode di chiara e meritata fama. A trent’anni era già l’enfant prodige dei salotti buoni, a quaranta autore di saggi economici che hanno venduto quanto un libro della J.K.Rawling. Piketty si legge bene, rende chiari concetti complessi e capisce le trasformazioni e l’affanno dei nostri tempi. Piketty è poi l’esperto globale delle disuguaglianze, insegna disuguaglianze, pensa e scrive di disuguaglianza, ha fatto diventare il suo lavoro la disuguaglianza, mostrando come la ricchezza globale si concentra più che distribuirsi.
Fino a qui siamo tutti d’accordo, le multinazionali globali pagano poche tasse e le eludono attraverso meccanismi sempre più complessi, sovente con la stessa complicità di governi occidentali. Ma Piketty è anche un tribuno dei paesi in via di sviluppo. Sogna un mondo dove la “redistribuzione delle entrate globali, siano in funzione dei bisogni di ciascun paese e non in funzione della base imponibile”. Per quanto è in noi, la faccenda di un ordinatore etico del mondo ci pare davvero un inciampo, come l’idea che i paesi occidentali debbano condividere con i Brics ed il sud del mondo il loro “potere e ricchezze”.
Il secondo mondo non è miserabile perché per effetto della globalizzazione è diventato un enorme opificio, lo stesso Piketty li chiama “la classe media del mondo”, mentre il rispetto dei diritti umani e la democrazia non paiono una priorità. Le logiche del profitto globale hanno impoverito i ceti lavoratori occidentali e portato il lavoro altrove, arricchendo una piccola fascia di popolazione, come le èlite cinesi e russe che vivono nel lusso, tanto da far impallidire i frequentatori di un noto club di Cernobbio. I paesi secondi sono sempre più ricchi ed in crescita di oltre i 5 punti in tempo di crisi, mostrando iniquità ed ingiustizie pari solo al capitalismo delle origini. Due voci per tutte, la schiavitù dei lavoratori islamici nel Xinijang cinese e la cleptocrazia russa, espressione questa dello stesso Piketty.
I paesi Brics ed i paesi secondi non possono più accusare l’Occidente di essere colonialista o predatore di risorse, davanti ai nostri occhi abbiamo le nuove forme di sfruttamento cinese in Africa e russo in Asia centrale.
Perché mai dovremmo allora condividere il cosìdetto potere con “questi peggiori regimi”, come scrive Piketty. Forse potremmo dare loro rispetto e dignità, come ricorda un appassionato necrologio su Henri Kissinger apparso sul China Daily, ma non cedere il passo sui diritti umani e sindacali, perché oltre i grandi principi universali, si tratta di dumping sociale sul mercato delle produzioni globali.
Tutti noi conosciamo le formule che legano la nostra imperfetta democrazia ad una più ampia platea di benessere collettivo, come è evidenziato dall’indice di sviluppo umano (in inglese Human Development Index), dello studioso pakistano Mahbub ul Haq, che considera non solo il reddito, ma fattori come l’aspettativa media di vita e l’accesso all’istruzione il criterio di definizione di paese evoluto.
La classifica mostra come i paesi occidentali rimangano i luoghi migliori dove vivere, come sanno bene le centinaia di migliaia di persone che cercano di attraversare i nostri confini ogni anno scappando da èlite corrotte, che governano i loro paesi predandone le ricchezze.
C’est tout pour aujourd’hui, Thomas.
5 dicembre