“Manchurian candidate” è un’idea di successo. Un uomo catturato dal nemico e programmato per fare sotto ipnosi interessi contari al proprio paese, comunque un venduto o un traditore. L’espressione è stata coniata da Richard Condon in un romanzo di successo, che ebbe due importanti produzioni sullo schermo, la prima nel 1962 firmata dal maestro di genere John Frankenheimer ed interpretato da Frank Sinatra e la successiva nel 2004 diretto da Jonathan Demme con un cast stellare da Denzell Washington, a Meryl Streep e Liev Schreiber.
Se si dovesse pensare oggi pensare ad un “manchurian candidate”, il primo nome che ci viene in mente è il senatore “Bongbong” Marcos, in corsa da favorito per le elezioni presidenziali filippine del prossimo 9 maggio.
Il padre fu il dittatore che tenne con pugno di ferro il paese per oltre vent’anni. Corrotto e divenuto ricchissimo, facendo delle finanze del proprio paese le proprie, ebbe la compiacenza degli Stati Uniti per la determinazione nel combattere i comunisti ed i ribelli islamici del sud. Il figlio “BongBong” aveva meno di trent’anni quando il dittatore e la sua famiglia fuggirono negli Stati Uniti e responsabilità nell’amministrazione del padre, ma oggi si presenta come il più probabile candidato a diventare il prossimo presidente delle Filippine. Bongbong dispone di una fortuna e dell’appoggio della figlia dell’attuale presidente Duterte (anti statunitense ed orgogliosamente comunista negli anni universitari), che si presenterà come vice e porterà in dote i voti del sud del paese notoriamente ostile ai Marcos.
Bongbong non potrebbe sembrare tanto diverso dal padre, perché ha un rapporto priviligiato con Pechino quanto Duterte. Le immagini della sua visita all’Ambasciata cinese a Manila, ricordano gli incontri dei maggiorenti di un importante movimento politico in Italia. Baci ed abbracci, dichiarazione di fraterna amicizia e propositi di fare tanta strada insieme, tra investimenti, politica ed affari.
Il tema sensibile rimane il conflitto sul mare cinese meridionale di fronte alle coste filippine. I cinesi a migliaia di km dalle loro coste lo dichiarano proprio, mirano allo sfruttamento degli idrocarburi ed alla pesca intensiva, i filippini sono ricorsi ai tribunali internazionali per far valere le proprie ragioni ed hanno vinto, ma i cinesi non riconoscono la sentenza.
Oggi Bongbong non vuole pressioni internazionali ed aderire a gruppi regionali di difesa comune, come suggerisce la principale avversaria al seggio presidenziale Leni Robredo, le forze armate e la corte suprema. Bongbong vuole discuterne con Xi Jinping a quattr’occhi e tanto basta a veder in lui il perfetto “manchurian candidate”. Bongbong – il nomignolo è stato dato dal padre perchè il piccolo probabile presidente amava stare a cavalluccio sulla sua schiena – è in vantaggio nei sondaggi sulla Robredo di 15 punti. Una pessima notizia per gli Stati Uniti, sensibili nell’invio a Manila di milioni di dosi di vaccino anti Sars2 ma distratti dalla querelle ucraina. L’amministrazione “sleepy” di Joe Biden vede scivolare le Filippine verso la Cina, e la perdita d’influenza nell’ex colonia è il segno della fine di un’egemonia che durava da oltre cent’anni.
17 febbraio