Nuovo capitolo e frizione tra i blocchi nel conflitto sull’energia.
Da un lato la Cina e la sua dipendenza al carbone, ad occidente i rapporti burrascosi tra la Russia ed i confini occidentali. I giorni ucraini di questo 2022 e le truppe russe schierate ai confini, il segretario della Nato annuncia che si è pronti alla guerra. I giornali strillano allarmati, i leaders europei si incontrano a parlare della crisi, Biden promette embarghi e ritorsioni, mentre Putin incontra e rassicura gli imprenditori, la crisi è sui confini d’Europa.
L’ingresso dell’Ucraina nella Nato – istituzione obsoleta – è pari solo alla crisi dei missili di Cuba di fronte alla Florida, ma le paure dei russi sono meno giustificate di quelle degli americani, almeno per la bella stampa. Secondo l’analista strategico Max Ferrari, l’opzione militare russa non è sul tavolo. Ricorda che i leaders dell’est Europa suggeriscono dialogo e minimizzino le tensioni ai confini, come l’escalation pare una scelta mediatica occidentale che non risponde alla strategia di Putin.
“Intuta quae indecora” direbbe tacito Tacito, ovvero le cose disoneste sono pericolose, quindi è necessario fare chiarezza sulla faccenda, perché questa è una faccenda di gas e sfruttamento, politiche energetiche e CO2.
La Russia ha riserve di gas che valgono il 60% del proprio prodotto interno lordo
https://www.themoscowtimes.com/2019/03/14/russias-natural-resources-valued-at-60-of-gdp-a64800
e le maggiori riserve mondiali di gas metano pari al 24% del totale
https://www.worldometers.info/gas/gas-reserves-by-country/
Adottando il 2018 – ultimo anno pre pandemia – il Servizio statistico federale russo (Rosstat) ha calcolato che l’indice di produzione industriale del Paese che la quota di produzione di petrolio e gas nell’economia russa è pari al 38,9%.
https://warsawinstitute.org/russias-economy-becoming-heavily-dependent-hydrocarbon
Oggi la Comunità europea acquista più di un terzo del gas che utilizza dalla Russia.
A dispetto di ciò lo scorso 15 dicembre il Consiglio ha raggiunto un accordo sulla revisione del regolamento relativo alle reti transeuropee dell’energia (RTE-E) per conseguire la neutralità climatica entro il 2050, ma le prime strutturali riduzioni entro il 2030.
https://ec.europa.eu/clima/eu-action/climate-strategies-targets/2030-climate-energy-framework_it
L’obiettivo del nuovo regolamento è modernizzare, decarbonizzare e interconnettere le infrastrutture energetiche transfrontaliere dell’UE, oltre ad assicurare l’integrazione del mercato, la competitività e la sicurezza dell’approvvigionamento.
https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/QANDA_21_6685
Così Jernei Vrtovec, il ministro sloveno delle infrastrutture:
“L’accordo raggiunto garantisce che in futuro nessun nuovo progetto basato sui combustibili fossili riceva finanziamenti dal meccanismo per collegare l’Europa. Grazie all’accordo odierno investiremo in un futuro verde e climaticamente neutro che garantirà efficienza, competitività e sicurezza dell’approvvigionamento, senza lasciare indietro nessuno.”
La comunità europea ha preso questa decisione dopo un acceso dibattito interno. Oggi il metano è il vero antagonista alla Economic Green Revolution, perché capace di inquinare 80 volte la CO2 in una scala temporale di venti anni.
https://www.consilium.europa.eu/it/policies/clean-energy/
https://ec.europa.eu/info/news/focus-methane-whats-deal-2021-oct-14_it
https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_20_1833
Il gruppo degli 11 intransigenti è formato da Austria, Belgio, Germania, Danimarca, Estonia, Irlanda, Lussemburgo, Lituania, Olanda, Spagna e Svezia, mentre altri paesi come l’Italia hanno mantenuto un atteggiamento più prudente.
Il fervore verde e l’ecolatria minano i rapporti Comunità europea e Russia, come ha osservato Valentina Iorio dalle pagine del Corriere della Sera del 24 agosto 2021 nell’articolo “La tassa Ue sulla CO2 alla frontiera per la Russia è peggio delle sanzioni“:
“L’obiettivo del “meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera” è ridurre il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di CO2. Vale a dire il rischio che le aziende con sede nell’Ue spostino produzioni ad alta intensità di emissioni all’estero per trarre vantaggio da norme meno rigorose. Bruxelles si aspetta di ricavare quasi 10 miliardi di euro all’anno dal Carbon Border Adjustment Mechanism, una volta che sarà pienamente operativo ovvero a partire dal 2026. Il secondo obiettivo di questa tassa è alimentare il bilancio Ue, sia per la copertura delle necessità derivanti dal Next Generation EU sia per garantire in futuro maggiore autonomia fiscale all’Unione. La Russia calcola che la tassa potrebbe colpire le sue merci per un valore di 7,6 miliardi di dollari (6,47 miliardi di euro). Nell’immediato la tassa colpirebbe le esportazioni di ferro, alluminio, tubi, elettricità e cemento, ma Mosca teme che in futuro possa essere ampliata per colpire anche le esportazioni di petrolio, gas e carbone … Igor Sechin ministro dello Sviluppo economico russo nelle scorse settimane ha dichiarato che i piani dell’Ue di introdurre una tassa sulla CO2 alla frontiera potrebbe non essere in linea con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).”
La leadership russa ha perfettamente compreso l’emergenza e considerato l’impatto sulla propria economia. La Russia produttore, come la Cina consumatore sono minacciate dalle scelte verdi dell’Occidente. Il carbone ed il gas, ovvero energia tra le principali fonti delle esportazioni russe e delle importazioni cinesi.
Il Dio verde vuole il suo tributo ed il rischio è avvicinare Mosca a Pechino, perchè la Russia ha le materie prime e la Cina la produzione e manifattura.
https://www.gazprom.com/about/marketing/china/
https://oilprice.com/Energy/Natural-Gas/Russia-Eyes-Another-Massive-Gas-Pipeline-To-China.html
Tema complesso, perchè la scelta strategica europea consegna la risorse della terza Roma alla peste che viene d’Oriente.
3 febbraio
PS a pochi giorni dall’approvazione regolamento relativo alle reti transeuropee dell’energia (RTE-E) arriva una nota dell’Ansa in data 1 febbraio:
BRUXELLES – Gas e nucleare sono fonti energetiche utili alla transizione ecologica dell’Ue e possono avere, a determinate condizioni, l’etichetta Ue per gli investimenti verdi. Lo ha deciso la Commissione europea con l’adozione del relativo atto delegato. Come annunciato, il provvedimento è stato varato con modifiche marginali rispetto alla bozza del 31 dicembre scorso e ora dovrà essere esaminato da Consiglio e Parlamento.
Le modifiche riguardano la rimozione dei target intermedi, per la conversioni delle centrali a gas naturale verso i gas decarbonizzati, e la parte sulla trasparenza per gli investitori, in modo che siano informati se i prodotti finanziari siano in qualche modo legati a gas e nucleare. La prima modifica era stata chiesta dalla Germania. La seconda dalla Piattaforma per la finanza sostenibile. Il resto dei criteri è resto praticamente lo stesso sia per il nucleare che per il gas.
La Russia ha raggiunto l’obiettivo. La minaccia ed il bluff ucraino si sgonfieranno, a noi europei l’evidenza di una classe dirigente inadeguata alla sfida dei tempi che ha creato tensioni internazionali, un’inflazione (green) e cattiva (importata) sconosciuta da oltre trent’anni.