Ho conosciuto l’opera di John Rawls quando Salvatore Veca, professore di Filosofia Politica durante i miei anni universitari, lo introdusse in Italia promuovendo la prima traduzione del classico “Una teoria della giustizia” pubblicato dal filosofo americano nel 1971.
Veca tra gli anni 70 e 90 dello scorso secolo rappresentava una singolarità della filosofia europea. Di area progressista, ma lontano dal marxismo, Veca presentò al paese europeo più comunista dell’Occidente la rivoluzionaria teoria della giustizia di John Rawls.
Senza voler essere esaustivi nel sunto, Rawls elaborò una nuova concezione di “contratto sociale”, che trovava la propria legittimità offrendo ai meno abbienti l’accesso per merito alla propria crescita personale nella società, infine sostenendo che fosse la ricerca di un comune “consenso” il metodo ed il titolo che potesse legittimare opinioni ed interesse diversi. L’intuizione di Rawls non era stabilire il primato di un sistema economico piuttosto di un altro, ma affermare che un modello per essere giusto dovesse fondarsi su un libero accordo.
Il filosofo americano utilizzava delle creazioni logiche brillanti per spiegare meglio il suo pensiero. Ad esempio faceva scendere un velo d’ignoranza sulla condizione socio economica di un cittadino per renderlo libero di scegliere per il meglio e per il giusto, intuizione questa che rendesse l’uomo libero da interessi particolari ed egoismi.
Libertà e mediazione ed il riconoscimento del merito sono i fondamenti del pensiero di Rawls, che non promosse il primato del modello capitalistico su quello socialista, ma il primato della giustizia.
Tornare sul pensiero di Rawls risulta quanto mai necessario dopo aver assistito pochi giorni fa ad un seminario on line dell’Università Tsinghua di Pechino sulla giustizia redistributiva, perché il tema della giustizia sociale e della propria legittimità, trova ampio spazio in Cina in questi ultimi mesi.
La questione appare sempre più rilevante posto il recente cambio di direzione operato dalla direzione di Xi Jinping, ovvero la svolta neo socialista, che ha portato il partito comunista cinese a colpire i maggior capitalisti del paese dopo anni di relativa libertà economica. Se in questi quarant’anni la Cina ha aderito al modello capitalistico, oggi Xi Jinping ricorda che la crescita deve essere indirizzata a favore della collettività ed il profitto delle imprese drenato minando gli investimenti privati non strategici al partito.
Il difetto risulta chiaro. L’armonia, si perdoni l’idea ed ossimoro, del modello cinese non media interessi di individui e gruppi che contrattualizzano il loro legame, ma è il partito che stabilisce le regole ed il merito della redistribuzione.
Applicando il modello di Rawls potremmo affermare che in Cina viene meno il primo implicito postulato del filosofo americano. Se la libertà di contrattazione viene negata, la società perde legittimità rappresentativa e l’efficienza di sistema.
Salvatore Veca avrebbe potuto ricordare che la prospettiva marxista è per sia stessa natura “incompatibile con l’idea che abbia valore la pluralità di individui, gruppi, identità differenti e divergenti che contraddistinguono una società modernizzata. Differenti e divergenti concezioni del bene rendono incoerenti l’unità della coesione sociale, la società come un tutto. Il conflitto esclude la cooperazione; e vale l’inverso. Se c’è consenso, non può darsi conflitto; e vale l’inverso”, dove si rende implicita l’idea che esista un bene comune, un’Idea di vita ed ordine superiore.
E’ l’implicita negazione del principio di Rousseau sul legame sociale – ovvero quanto si può trovare in comune tra chi è portatore di interessi differenti – che rende il modello cinese fragile, oltre che ingiusto, perché soggetto ai limiti del partito che per propria natura è invasiva in ogni aspetto della vita sociale ed economica dichiarandosi portatore di un disegno per una società perfetta.
La ricerca della giustizia ha l’implicita capacità di correggere se stessa, ma non il partito comunista, derivazione perversa dell’idea di uno stato etico hegeliano, portatore di verità e certezza. Non dimentichiamo lo stesso etimo di partito, deriva dal participio passato di partiri – dividere in latino e da qui pars ovvero parte.
Come potrebbe chi divide ed ha una visione di parte essere portatore di armonia? Nel merito è una contraddizione in termini, che potrebbe mostrare in termini popperiani la sciocchezza di una parte che vuol essere tutto ed essere καλόν, nella prospettiva platonica, ovvero giusto.
La prospettiva delle riflessioni di Rawls risultando tanto più pericolosi che una batteria di missili intercontinentali al pensiero unico cinese, hanno avuta una risposta nell’articolo Theory of Justice: A Naturalistic Evaluation del filosofo di Ho Mun Chan, il quale mette in discussione la razionalità della costruzione di Rawls sostenendo che l’etica non ha un orizzonte globale: “la teoria della giustizia di Rawls non riesce a mantenere un equilibrio riflessivo delle intuizioni morali sostenute da persone di culture diverse”. Ho Mun Chan a sostegno della sua tesi porta studi su tre differenti città cinesi a quel tempo divise dalla storia, Hong Kong, Taipei e Pechino.
“In A Theory of Justice, John Rawls ha sostenuto che le persone sotto la condizione del velo di ignoranza avrebbero scelto il principio che potrebbe massimizzare il reddito dei più svantaggiati (il principio della differenza). Come in esperimenti simili condotti in altre parti del mondo, i risultati del presente studio non supportano la posizione rawlsiana. Il Principio della Differenza era la scelta meno popolare tra i sudditi cinesi. Nessun esperimento finora è riuscito a dimostrare l’idea di Rawls secondo cui è probabile che le persone optino per il Principio di differenza in condizioni di ragionamento imparziale.”
La tesi del professore di Hong Kong è che “La giustizia è un prodotto di un ragionamento imparziale, ma l’imparzialità stessa non produce sostanza … La concezione sostanziale della giustizia ha origine dal punto di vista di un determinato luogo e tempo storico. Le indagini sul problema della giustizia sono inevitabilmente naturalistiche e richiedono osservazioni strutturate, ascolto di ciò che le persone dicono nella loro vita quotidiana, lettura di canoni, studio della loro storia e così via.”
La filosofia di Rawls e del suo divulgatore Veca non ha funzione predittiva del tempo a venire e lo stesso Rawls non ha avuto tempo di conoscere la Cina del terzo millennio, ma l’analisi del filosofo americano ci consente di avere una chiave di lettura. E’ ragionevole affermare che l’intrinseca rigidità del regime cinese sarà soggetta a crescenti fibrillazioni sociali ed economiche, a dispetto dell’approccio naturalistico del professor Ho Mun Chan, che vorrebbe liquidare in una decina di pagine i fondamenti epistemologici della filosofia Occidentale su base etnografica.
Players on stage
John Rawls padre del del moderno contrattualismo è stato uno dei maggiori filosofi politici del 900. Durante la sua vita ha studiato ed insegnato nei maggior atenei dell’Occidente da Princeton ad Oxford, Cornell, MIT, fino ad Harvard, dove insegnò per quasi quant’anni.
Ho Mun Chan organico al pensiero unico Han è passato indenne alla nuova legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong, dove insegna da oltre vent’anni
Un ultimo pensiero va a Salvatore Veca che ci ha lasciato il 7 ottobre di quest’anno all’età di 78 anni.
30 novembre