Molti anni fa si raccontavano storie di spie infiltrate nella politica, nella cultura e nella società tedesca occidentale. Il tema era talmente stuzzicante da farne un genere letterario e cinematografico con il quale molti di noi siamo cresciuti.
Poi i confini sono diventati porosi, le cortine si sono dissolte e le grandi potenze si affrontano sui mercati e non più con le cannoniere. Il capitalismo ha vinto ed alle celebrazioni del centenario del partito comunista cinese, i milionari sono portati in trionfo come gli ultimi centenari che hanno vissuto la grande marcia. Non ci sono più le spie, meglio nuovi collaborazionisti, che vestono i panni di consulenti che mirano a risolvere le controversie ed agevolare gli affari dei paesi in competizione.
Il tedesco Joshka Fischer nel suo articolo, “The Last Thing This Century Needs” su Asean Post dello scorso 22 giugno indossa i panni del facilitatore.
Fischer non è una personalità di facile lettura. Fu rosso fuoco da giovanissimo, quando nelle strade di Francoforte manifestava contro l’imperialismo americano lanciando sanpietrini, poi ministro degli esteri di governi socialdemocratici, capace di far scrivere al New York Times un memorabile articolo dal titolo “Un pacifista va alla guerra” durante la crisi dei balcani del 1999, ed infine leader del movimento verde e padre nobile del mondo che verrà. Si nasce incendiari per morire pompieri, lo diceva Montanelli, ma la traiettoria di Fischer è ancora tutta da scrivere a 74 anni.
Sull’Asean Post ci dice che il conflitto tra Occidente e Cina è inevitabile ma inopportuno. L’Occidente è prossimo a perdere il primato nello sviluppo umano – anzi è sulla buona strada per cedere il comando del mondo nel 2030 – meglio condividere lo sforzo comune per la vera sola sfida che vale la pena affrontare: salvare il pianeta dall’inquinamento e dal riscaldamento globale.
Vissuto nutrendosi di alti principi e grandi progetti, Fisher si converte alla real politik, dichiara che non è opportuno pensare che i cinesi possano adeguarsi agli standard della democrazia, dei diritti universali ed escluderli dalle catene della produzione del valore. Poco conta – diciamo noi – che la Cina in tema di ambiente inquini molto più di tutte le grandi nazioni del mondo tutte insieme.
La Cina ha vinto, scrive Fischer ed allora viva la Cina.
Pochi anni fa Gerhard Schröder, che fu cancelliere del ministro Fischer, ebbe analoga parabola. Schröder che governó il paese dal 1998 al 2005, una volta conclusa la carriera politica, intraprese quegli degli affari accettando la nomina di Gazprom a capo del consorzio Nord Stream, il gasdotto che voleva collegare la Russia e la l’Europa. Schröder riceve da allora uno stipendio di 1 milione di euro annuo che ha fatto scandalo, nulla sappiamo dei compensi di Fischer, che lavorò come lobbista per la creazione del gasdotto concorrente Nabucco per la Turchia di Erdogan.
Curiosa davvero la coppia Schröder-Fischer, che mai alzarono un dito per biasimare gli eccessi della guerra di Putin in Cecenia. Si dirà per la Germania ed i suoi interessi, ieri come oggi, tra Russia e Cina, tutto vero e tutto strano agli occhi di chi scrive, che non si scandalizza, ma sorride. Al contrario, ci viene tanta tenerezza nel raccontare l’esperienza imprenditoriale del socialista e ministro degli esteri Gianni De Michelis, appassionato di Cina in tempi davvero eroici. Una volta scalzato dalla sua poltrona e dalla politica, De Michelis utilizzò tutte le sue relazioni personali (Guanxi) acquisite durante gli anni alla Farnesina, per aprire una catena di undici pizzerie al trancio a Pechino, alla maniera delle focacce liguri con teglie rettangolari.
Altri anni ed altri uomini, altri appetiti ed altre pizze da mangiare con gli amici del circolino della sinistra.
4 luglio