Il mondo delle nazioni si è rovesciato negli ultimi trenta anni, i paesi ricchi sono cresciti meno, noi italiani per nulla, alcuni altri erano poveri e ora non lo sono più.

Nel centro della burrasca, l’italico vaso di coccio tra i vasi di ferro americano e cinese fa attenzione a non urtare nessuno, mentre i due paesi se le danno di santa ragione.

Negli ultimi trenta anni Silvio B. aveva risolto le cose a modo suo, invitando tutti i potenti del mondo nella sua reggia sarda, aveva charme, raccontava barzellette, era sempre contornato da belle donne, la chitarra di Mariano Apicella accompagnava le dolci serate mediterranee. Quando poi andava all’estero era capace di far sentire chiunque a proprio agio, come quando si travestì con le pellicce di Putin.

Non che abbia combinato un gran che in quegli anni, così come gli altri che lo avversavano, la nostra presenza nel mondo è diventata sempre più periferica, come il nostro declino economico e la nostra voce è diventata un “ruggito di topolino”.

Credevo avessimo toccato il fondo, ma poi il nostro governo si è messo a scavare una nuova fossa spaccandosi in due, tra chi guarda ad occidente e chi vorrebbe buttarsi tra le braccia della Cina.

Amante ipodotato quest’ultimo, per presenza, moralità e patrimonio, lo si dica ai figli delle stelle.

In modo più consono, si segnala l’importante editoriale di Mathias Dopfer su “Welt”, amministratore delegato del gruppo d’informazione Alex Springer, in cui si ricorda come la Cina con il suo dispotismo ed insofferenza verso la democrazia incarna il più grande pericolo per l’occidente e la “via della seta”, abbracciata dall’Italia, un abbaglio che sfiora il ridicolo.

La vignetta riportata del 1899 non rappresenta opinione di chi scrive, ma riporta e testimonia dell’annoso conflitto antropologico tra cinesi ed americani, uguale manifesto cinese è datato agli anni 50.

6 maggio 20