“Spiegare il mondo con mappe colorate dalla propria moglie è un affare poco scientifico ad uso dei semplici.”

Chi parla è un amico con tanto di cattedra universitaria ed autore di buoni titoli di politica estera comparata, chi è nel mirino è Lucio C. autore ed editore di Limes, la nota rivista di geopolitica. 

La pubblicazione ha lunga vita ed una distribuzione pari al chinotto della Lurisia quando è passata di mano ed è di proprietà della Coca Cola.

“I prodotti si assomigliano”, incalza l’amico, “nel chinotto della Lurisia, non ne faccio certo un torto, l’estratto dell’agrume non supera lo 0.03 % del prodotto. Lo stesso per questa pubblicazione che trovi in vendita negli scaffali dell’Esselunga.” 

Il vecchio dibattito sulla geopolitica come disciplina fragile, chiedo. “Esattamente”, mi risponde, “scientificamente debole, nata nel 900 per giustificare ogni pretesa di Lebensraum con ampio uso di politiche d’espansione”.

Bistrattata nei salotti buoni, la geopolitica è entrata nei tinelli degli italiani con il carrello della spesa, rinforzata dalla presenza di Lucio C. nei salotti televisivi per ricordarci che dobbiamo soffrire. 

Lucio C. ha la sostanza dell’accidente quanto vede in ogni crisi una guerra finale con il botto atomico, perché la fascinazione del giornalista risiede nell’annunciare la fine, come chi ama guardare i film horror. Se siamo qui a parlarne è l’evidenza della fallacia di Lucio C., profeta di sventura e capace di contraddirsi a distanza di mesi senza memoria e vergogna. Lucio C. ha parlato di una prossima guerra Cina Usa, poi dei dissapori Russia Cina, del conflitto ucraino con tono tragico, memorabili le stagioni in cui annunciava che la Cina avrebbe “spaccato l’Occidente”.

Poco di quanto previsto si è verificato, ma è un problema comune alla più varia umanità, dagli amanti in attesa ai meteorologi. A differenza del colonnello Bernacca, a cui non perdonavano uno scroscio non annunciato a Roma, Lucio C. gode di un’impunità papale.

Di analisi coerenti nell’instant rewiev di Lucio C. (sorge un problema in Birmania o in Congo e in un attimo abbiamo un numero in stampa), ne troviamo poche davvero, quanti vaticini. La geopolitica di Lucio C. non è analisi coerente. La cronaca impone l’agenda e la scrittura segue a rotta di cavallo. Curioso che ne abbia fatto una scuola e vi sono chi corre ad iscriversi, ma forse è voler far parte di un club più che prepararsi a qualcosa. Penso alla rivista ed osservo che gli autori sono spesso scelti in una logica di scambio, tra visibilità, poltrone e salotti. Spesso dottorandi, altre volte ex commis da l’ètat, altre volte titolari di cattedra, baroni universitari, politici in disarmo e reduci, ambasciatori in pensione e sacerdoti. Pare un film di Monicelli … Lucio C. si muove con abilità a cautela a dispensare articoli e visibilità, mentre il personale comitato scientifico è popolato come un tram alla fine di una partita a San Siro. 

“Non è tanto la natura di Lucio C. che mi disturba. Personalmente mi ha trattato con garbo, ma il suo essere pancia del paese e vestirsi con il maglioncino di cashmere, e credimi non è un clichè”. “I suoi distinguo sulla Cina e la sua stagione filo russa sono intollerabili, come il titolo delle sezioni della sua rivista, penso all’ultimo numero sull’Africa quando si legge “Occidente sbanda, Russia gode. Turchia profitta”, neppure al bar. 

La sua geopolitica è opportunismo divenuto regola di sopravvivenza umana ed editoriale”. Lucio C. è uomo italicus che merita di essere studiato con cura. Orgoglioso nel far sapere di avere quarti nobili, ma organico fin da giovinetto al partito comunista, che lo porterà ad essere partecipe alla stagione di “Repubblica”. I legami non saranno mai interrotti anche quando vestirà i panni del “si però” forse la Cina o anche la Russia, perché la vita di Lucio C. è dettata dal dire che tutte le nazioni hanno le proprie ragioni egemoniche, mentre le spinte democratiche dei popoli svaniscono di fronte alla sua Realpolitik all’amatriciana”.

“Però è bravo. Ha l’abilità è fermarsi su precipizio prima di finirci dentro, come gli sciocchi o chi è in malafede come quell’oscuro professore Orsini di Roma dai capelli biondi, noto per essere grossolano sodale di Peskov”.

“L’uomo è peggiore del suo progetto di geopolitica buona per tutti i gusti e colori mentre John Elkann presiede il gruppo editoriale. Nella mediocrità sovente troviamo inaspettati contributi ed è un piacere. 

In merito alle cartine colorate, io preferisco gli arazzi di Alighiero Boetti manufatti da donne afghane negli anni 70. Si narra che alcune delle mappe avessero un mare di colore rosa. Alla domanda del perché di quel colore, si ricorda che risposero che non sapessero cosa fosse il mare e quale fosse il suo colore”.

19 settembre

 

 

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